"... Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità. Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?..."
Dentro la sinagoga, dentro il luogo della fede e del celebrare, ci stava un "posseduto". Questo è un primo dato.
Il secondo è che questo "posseduto" si esprime in prima persona plurale. Parla con Gesù a partire da un "noi", probabilmente riferito a quanti, con lui, stavano in quel luogo, ben distanti dal "figlio di Giuseppe", che era percepito come "l'estraneo", "l'esotico". Quello che parlava una lingua ben comprensibile e diceva delle cose "autorevoli".
Tutti gli ambienti, non solo quelli "religiosi", resistono al cambiamento. Anche quelli che si prefiggono obiettivi di trasformazione e innovazione.
Il problema è destabilizzare strutture autoreferenziali.
Non si viene giudicati nel merito di ciò che si dice: si diventa problematici "proprio perché" si dice qualcosa! Qualcosa che, evidentemente, viene percepito come "pericoloso".
Liberare quell'uomo e quella sinagoga dal loro ripiegamento su se stessi equivale ad individuare e condannare il vero narcisismo suicida, quello che ci fa incapaci di dialogo, presuntuosi e arroganti. Già questi e innanzitutto questi sono i "demoni da scacciare".