"... Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna..."
A differenza che in passato, questo testo non mi porta a tagliare con gli affetti, ma a riordinarli, ricomprenderli, in una logica più universale.
Qualsiasi vocazione richiede autonomia, libertà da quei vincoli che possono rappresentare un limite alla vita piena.
Ma non richiede stragi tra gli affetti. Avremmo la meta, ma non più l'uomo che la raggiunga.
Piuttosto, tutte le cose sono chiamate a trovare senso "nel suo nome", nel nome di qualcosa di più grande, che è, appunto, pienezza di vita.