"... «... È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla...» [...] Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?»..."

8/25/20241 min read

an aerial view of a field of crops
an aerial view of a field of crops

Fosse così, verrebbe da chiedersi come mai si sia incarnato. Poteva salvare "spiriti e anime", invece, si è diretto all'uomo nella sua totalità e complessità...

Pregando, mi risulta semplice riconoscere diversi livelli di lettura del testo. Il primo è relativo a Giovanni, alla sua comunità, al suo codice linguistico e alle forme storico-letterarie che una specifica esperienza di Dio può assumere...

In altri termini, "faccio la tara" a queste parole...

Poi, va ricostruito un contesto, quello del cap. 6, molto complesso. Da qui, si ricava il bisogno di non confondere l'alimento "pane", che sazia il ventre, con l'alimento "altro" che sazia, invece, tutta quanta la persona umana...

Entrambi questi due livelli di lettura, però, non sono stati fondamentali.

Ciò che risulta, invece, centrale, è intuire che né la carne né lo Spirito, "da soli", gioverebbero a nulla.

Lo Spirito vivifica la carne, in effetti. Ma la carne è l'occasione che l'Assoluto si dà per farsi tempo, storia, materia, persona!

È l'insieme che offre l'orizzonte di senso dentro cui collocare i singoli aspetti.

Chi rimane polarizzato, tanto su "carne" come su "Spirito", non intende, non accetta, esclude.

Si scade così, facilmente, nel "solo ventre", che tutto permette, o nel "solo Spirito", che disincarna, astrae, smaterializza, fino all'esigentismo "spiritualistico".

Rimane, infine, solo chi, nei fatti, sceglie di reggere la tensione, abbraccia gli estremi, non esclude nulla, ma tutto mitiga, ama...

Rimane chi non scioglie il conflitto, ma lo ammette, lo riconosce e lo sopporta, nella sua, spesso dolorosa complessità.

Rimane chi ha fatto esperienza di un Dio che fa lo stesso: rimane anche lui, abitando le complessità dei cuori.