"...Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà..."
Mi vengono in mente tutti i miracoli improbabili che tra giugno e settembre tanta gente, in buona fede, elemosinerà da statue di legno portate in giro per i paesini del nostro sud. E i giovani che, a settembre, andranno fuori a lavorare.
Mi vengono in mente i luoghi delle apparizioni che trasudano di richieste di guarigione e, naturalmente, negozietti con portachiavi e acque benedette.
Mi vengono in mente tutte quelle circostanze in cui qualcuno può dire "Grazie a Dio, non è successo il peggio...". E tutte quelle in cui, invece, il peggio accade. E se ne cerca in Dio la causa, bestemmiando.
Mi vengono in mente tutte quelle appariscenti mescolanze di credulità ignorante della gente e maliziosa massificazione delle autorità ecclesiastiche, che hanno prodotto, alla lunga, per alcuni, lucro e, per altri, disperazione.
Mi torna in mente chi stermina la famiglia pensando di stare svolgendo un rito di guarigione.
Mi torna in mente la coppia che ha bruciato il corredo dei genitori, su consiglio del prete-esorcista, perché quel corredo aveva portato in casa loro il male. E la frustrazione di quei genitori così umiliati.
Mi torna in mente chi trasforma la catena del rosario in un simbolo di identità etnica da usare contro chi non gli somiglia.
Resurrezione e Vita, per i Cristiani, non sono guarigioni e miracoli. Sono una persona. Una relazione. Sono la capacità di rimanere aperti alla speranza, proprio quando tutto sembra crollare. Ma questo non possiamo sentirlo nelle nostre chiese, piene di gente intenta a chiedere alla Madonna un lavoro e al prete una raccomandazione politica.